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domenica 25 novembre 2007

Il dolce e l'amaro

Alla fine tutto torna. Il cerchio si chiude. E, come in ogni cosa, c'è il dolce e l'amaro. La pellicola diretta da Andrea Porporati non racconta nulla di nuovo, ma segue la scia di altri film che lanciano moniti contro il fenomeno mafioso, cercando di mostrare come il bene può trionfare sul male. Ma la storia è interessante e nonostante una regia tranquilla, ma attenta e che mostra di avere tutto sotto controllo, viene passato al microscopio il mondo di Cosa nostra analizzando la realtà criminale siciliana dall'interno, attraverso gli occhi di un picciotto.
La pellicola è ambientata nei primi anni ottanta e prende avvio dall'infanzia del giovane Saro Scordia che vive a Kalsa, uno dei quartieri più difficili della città di Palermo, con il fratello maggiore e la madre, mentre il padre si trova in carcere per scontare una condanna. E proprio da dietro le sbarre ha visto il padre per l'ultima volta, apprendendo, proprio dalle parole del genitore che "nella vita c'è il dolce e c'è l'amaro". Il padre, infatti, muore ammazzato nel corso di una rivolta di detenuti e Saro (Luigi Lo Cascio) viene preso sotto l'ala protettiva di un boss locale, don Gaetano Butera (Toni Gambino). Comincia così da giovanissimo la carriera all'interno di Cosa Nostra con i primi incarichi di scarsa rilevanza che gli consentono di farsi le ossa. Come una sbornia del sabato sera il potere gli fa credere di essere superiore agli altri uomini. E gli basta poco per perdere la testa.
Da contorno alle vicende strettamente connesse al racconto principale c'è anche l'immancabile storia d'amore. Saro è follemente innamorato di Ada (Donatella Finocchiaro), ma la loro relazione sembra impossibile. Lei prova grande passione per lui, ma non vuole legarsi ad un delinquente. Così si trasferisce al Nord. Saro, invece, si sposa con Atonia ed ha due figli.

"Nella vita c'è il dolce e c'è l'amaro". Ci sta poco a scoprirlo il piccolo Saro Scordia, aspirante mafioso. Ed il messaggio arriva anche allo spettatore attraverso una pellicola che cerca di affrontare il tema di Cosa nostra da un'angolatura diversa. Ormai il grande schermo ha detto tutto o quasi sul fenomeno mafioso, così il regista Andrea Porporati sposta il focus della telecamera dall'osservatore esterno a quello interno. E racconta la malavita organizzata siciliana con gli occhi di uno di loro. Un picciotto abituato a crescere in un mondo che vuole indossare a tutti i costi, ma che ben presto si rende conto non essere adatto a lui. Anche i mafiosi hanno un cuore. Nonostante l'impostazione mafiosa, unica conosciuta sino a quel momento, prende dimora, potremmo dire possesso, nella mente di un ragazzino conducendolo, passo dopo passo, all'interno della famiglia mafiosa, dal crimine minore a quello più efferato, rafforzando la convinzione che i padrini sono al di sopra di tutto e possono decidere chi è il buono e chi è il cattivo. Ma può anche accadere che chi è abituato a imporre la prepotenza, di fronte alla bontà d'animo di un amico possa anche vedere infrangere le proprie convinzioni. Ed in particolare se alla fine il tuo padrino ti chiede proprio di uccidere quell'unica persona che, nel corso della tua vita, ti ha parlato al tuo pari, senza timore ne arroganza: l'amico d'infanzia ed ora procuratore antimafia, Stefano Massirenti (Gaetano Gifuni). A quel punto le cose possono cambiare, se anche i mafiosi hanno un cuore.
Oltre ad un'analisi del fenomeno mafioso, il film lancia un altro messaggio sociologico: purtroppo è fin troppo semplice imboccare il sentiero sbagliato senza nemmeno rendersene conto, pensando di fare la cosa più giusta e naturale, salvo poi pagarne le conseguenze. Accade ai picciotti di mafia, accade ai rom, può accadere a chiunque.

Ottimo nel ruolo del giovane mafioso Luigi Lo Cascio, perfettamente a suo agio nei panni del cattivo in una Sicilia che conosce bene e che ha già raccontato, in positivo, nei panni dell'eroe de "I cento passi". L'attore è affiancato da una perfetta Donatella Finocchiaro. Da segnalare anche il superbo Renato Carpentieri nei panni del boss mafioso che dal carcere tira le fila di Cosa Nostra.

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