Google

mercoledì 18 luglio 2007

Il "vaffa..." non è più un'ingiuria ma una locuzione di uso comune

Il "vaffa" è ormai una locuzione di uso comune e per questo non può più essere considerato un'ingiuria, soprattutto all'interno di un discorso tra soggetti «in posizione di parità» e in risposta a frasi «che non postulano, per serietà ed importanza del loro contenuto, manifestazione di specifico rispetto».
Lo afferma la Cassazione, annullando senza rinvio una sentenza della Corte d'appello de L'Aquila, che aveva condannato un consigliere comunale, il quale, nel corso di una seduta del consiglio di Giulianova, si era rivolto con un "vaffa" al vicesindaco. Per la Suprema Corte (quinta sezione penale, sentenza n.27966), «vi sono talune parole ed anche frasi che, pur rappresentative di concetti osceni o a carattere sessuale, sono diventate di uso comune ed hanno perso il loro carattere offensivo, prendendo il posto nel linguaggio corrente di altre aventi significato diverso, le quali invece vengono sempre meno utilizzate». Un simile fenomeno, osservano gli "ermellini", si è verificato rispetto a numerose locuzioni, quali «me ne fotto» al posto di «non mi cale», «è un gran casino» in luogo di «è una situazione disordinata»: il "vaffa", invece, è una parola che «viene frequentemente impiegata per dire «non infastidirmìi», «non voglio prenderti in considerazione», ovvero «lasciami in pace». L'uso «troppo frequente, quasi inflazionato» di espressioni di questo genere, scrive la Cassazione, «ha modificato in senso connotativo la loro carica: il che ha determinato e determina certamente un impoverimento del linguaggio e dell'educazione, non potendo peraltro negarsi che, in numerosi casi, l'impiego delle medesime non superi più la soglia della illiceità penale». In ogni caso, queste considerazioni, aggiungono gli "ermellini" sono «condizionate dal contesto in cui si inseriscono le espressioni citate: è evidente che se queste vengono pronunciate dall'interessato nei confronti di un insegnante che fa un'osservazione o di un vigile che fa una multa, esse assumono carattere di spregio; diversa è la situazione se esse si collocano nel discorso che si svolge tra soggetti in posizione di parità».

Nessun commento: